ALLARME NUKLEARE CI RISIAMO!

 CI RISIAMO: NUOVO ALLARME NUCLEARE. Dopo la chiusura temporanea della Centrale nucleare di Krsko in Slovenia, un altro allarme viene dalla regione di Lione,con la chiusura della centrale di Tricastin. L'Autorità per la sicurezza nucleare francese (ASN) ha imposto alla Socatri, società del colosso energetico Areva, di bloccare una delle due stazioni di trattamento nella centrale di Tricastin, nella Francia sud-orientale, per una fuoriuscita di acque contenenti uranio. Secondo l’Autorità, questo deporrebbe per una “non sicurezza” dell’impianto ormai obsoleto. La centrale di Tricastin si trova a nord di Avignone, a circa 300 chilometri dal confine con l'Italia. Non è l’unica. 13 centrali si trovano a meno di 200 km dai nostri confini sono quelle di: Phenix, Tricastin, Cruas, Saint-Alban, Bugey e Fessenheim in Francia; Muenleberg, Goesgen, Beznau e Leibstadt in Svizzera; Grundemmingen e Isar in Germania; Krsko in Slovenia.Malgrado le valutazioni di rischio ed la barriera alpina, in caso di emergenza, il Nord Italia confinante con le centrali elencate subirebbe il fall-out di un'eventuale nube radioattiva. Le province italiane più direttamente interessate sono quelle di Cuneo, Torino, Aosta, Varese, Sondrio, Bolzano, Udine e Trieste. Ma, a seconda della quantità del materiale liberato e della direzione dei venti, le aree coinvolte potrebbero estendersi ben sotto la fascia settentrionale del nostro Paese.

Cosa è successo a Tricastin ? Una delle cisterne della struttura è risultata incontinente in un bacino di ritenzione non stagno e sarebbe bastato qualche giorno di pioggia per trascinare all'esterno detriti contaminati. Pare ci sia stato un improvvido trasferimento d'acqua tra due cisterne a causa di una paratoia difettosa con un successivo passaggio di acqua contenente uranio in un bacino di ritenzione per altro crepato con ulteriore diffusione della perdita. Queste le carenze strutturali ma ci sono anche quelle gestionali.

Sono stati messi in evidenza lungaggini da parte dei responsabili della centrale, che pur avendo constatato, già alle 23 di lunedì 7 luglio, la presenza di fuoriuscite nelle zone vicine, non hanno messo in atto un piano di emergenza fino alle 5.30 del giorno dopo. Inoltre, il bacino di ritenzione era crepato dal 2 luglio e non è stato riparato, anche se l'azienda ne era a conoscenza. Che la gestione della Socatri sia poco avveduta era noto da tempo. Nel rapporto 2007 sullo stato della sicurezza nucleare e della radioprotezione nella regione, si parlava di "perdite ripetute" nel sistema di canalizzazione delle acque usate e "scarti ripetuti" rispetto alle autorizzazioni di scarico di residui chimici e radiologici, e si chiedeva all'azienda di sostituire i sistemi troppo vecchi e di assicurare una sorveglianza adeguata.

Questo avviene quando in Italia si da per scontata la ripresa della costruzione di impianti nucleari che molti paesi stanno dismettendo o limitando nell’operatività. Si parte dal concetto di precauzione fino ad arrivare a costi altissimi di gestione e di smaltimento delle scorie.

Da circa 30 anni, gli USA non commissionano nuovi impianti ed è dal 1995 che non ne entra una in funzione. Il 40% dei 103 impianti esistenti continua a rischiare la chiusura a causa degli alti costi. E secondo una rapporto del Department Of Energy (DOE) il 31 per cento dell'attuale capacità produttiva sarà smantellata entro il 2015. Senza considerare che è stato ribadito al Congresso che gli Usa "dovrebbero essere più decisi nell'organizzare le difese contro i possibili attentati terroristici contro centrali nucleari".

Il costo per la conservazione delle scorie è enorme: secondo stime di inizio 2000, solo per incapsulare e disporre in condizioni di sicurezza le scorie ad alto rischio si dovranno spendere negli Stati Uniti, Francia e Germania oltre 110 miliardi di dollari,ed oltre 7 e 5 miliardi di euro rispettivamente.