IL LABORATORIO SICILIANO
Pochi ricorderanno Giuseppe Paratore, (Palermo 1876-1976), primo siciliano a presiedere il Senato della Repubblica. Ministro delle Poste nel GovernoNitti del 1920 e del Tesoro in quello di Luigi Facta, fu eletto alla Costituente nel 1946, poi a Palazzo Madama nella Ia Legislatura e Presidente del Senato tra il 1952 ed il 1953. Si dimise per protesta, a due mesi dalla scadenza naturale della legislatura per l'approvazione della cosiddetta "legge truffa”, esempio più unico che raro di onestà intellettuale da ultimo epigono risorgimentale. Studioso di economia finanziaria, presidente dell’IRI(1946-1947) curatore di diversi saggi: “La responsabilità dell'armatore” (1914), “Note di politica monetaria” (1925), “La politica del denaro” (1930). Fu l’unico esponente politico siciliano a ricoprire la seconda carica dello Stato prima di Schifani il bel Renatino. Nessun raffronto è possibile tra i due: non c’è storia! Quello che possiamo scrivere è che il Sen. Paratore si dimise per protesta contro la legge maggioritaria “truffa” peraltro relativa perchè comunque premiava il partito che avesse raggiunto il 51% dei voti complessivi. Oggi, sono tutti eletti con questa legge che è ancora più truffaldina perché premia la coalizione vincente,magari per un solo voto, anche se non raggiunge il 51%. Comunque il riferimento alla Sicilia è d’obbligo non solo per la provenienza di questi due Presidenti ma perché celebriamo il Primo Maggio che 63 anni addietro è stato di sangue a Portella della Ginestra, nella Piana degli Albanesi, non distante da località sensibili quali Partinico, Corleone e Montelepre. Tutte note al grande pubblico per essere o essere state teatro di fatti di sangue di mafia anni cinquanta o della mafia assassina degli anni successivi ad opera dei corleonesi. Portella della ginestra e l’assassinio di 9 adulti e due bambini segnano il crinale storico di una mafia, la quale, da un lato assume connotazione politica, divenendone, almeno per quel momento braccio armato, e dall’altro entra con prepotenza nei fatti politico-sociali da cui volontariamente si era esclusa per decenni. Assumerà 11 anni dopo una più violenta connotazione, con l’assassinio del Dr. Michele Navarra, ad opera dei suoi sgherri Luciano Liggio, Riina e Provenzano. Da allora cambia tutto. La mafia lascia il contado, inizia il sacco immobiliare di Palermo, i cui enormi profitti entrano nella grande finanza, mallevadore Michele Sindona, fino alla legge Rognoni-La Torre, che cerca di bloccare questa irresistibile ascesa. Panorama sinteticissimo, forse criptico ma necessario per capire da dove si parte. E si parte appunto da Portella e dai suoi mandanti. Ritenere che sia stata solo un fatto di cronaca nera significherebbe uccidere una seconda volta quegli innocenti. La strage ebbe mandanti politici, che vollero dare un avvertimento per la recente vittoria delle forze di sinistra ( Blocco del Popolo) alle elezioni regionali per la prima legislatura di Palazzo dei Normanni, sede del Parlamento Siciliano. Lo schema di Yalta non prevedeva la Sicilia in mano ai comunisti. Di qui discende la violenta reazione che vide Salvatore Giuliano braccio armato di identificate forze politiche conservatrici e di alcuni settori militari. Nel libro "Come nasce la Repubblica, 1943/47", Nicola Tranfaglia avanza l’ipotesi per la quale la guerra fredda non cominci nel 1948, ma nel 1943, ossia con lo sbarco degli americani in Sicilia. Il ruolo di Lucky Luciano e del suo famoso fazzoletto indica una collusione tra Alleati, mafia locale, quella americana, fino a forze neofasciste (Junio Valerio Borghese e tutti i reduci della X Mas) che si schierano con i Servizi Segreti USA. A fine febbraio 1945 una pattuglia americana cattura sull'Appennino pistoiese due militi degli NP (Nuotatori-Paracadutisti) della Decima Mas di Junio Valerio Borghese: Pasquale Sidari e Giovanni Tarroni. I due confessano di aver trascorso vari mesi nell'Italia liberata per organizzare la presenza armata del fascismo repubblichino nelle regioni meridionali. Alla fine fanno nomi e cognomi, che permettono agli Alleati di identificare nel giro di poche settimane una complessa rete di spionaggio e di sabotaggio nazifascista. Vengono arrestati a Napoli Gino Locatelli e Bartolo Gallitto della Decima Mas ed i fascisti del principe calabrese Pignatelli. Ma ben presto le indagini si estendono a Calabria e Sicilia. A Partinico, in provincia di Palermo, dal luglio 1944 è attiva la ''filiale'' siciliana di Borghese, composta da tre militi della Decima Mas al comando di Dante Magistrelli. Vien fuori in buona sostanza il ruolo di fiancheggiamento offerto dalla X MAS alle brigate del “Colonnello” Giuliano. Tutto resta sommerso tra le carte.
Questo contesto è figlio di Yalta: il mondo è destinato ad essere diviso in due blocchi, e l'Italia "deve" far parte del blocco occidentale. E' da allora che comincia la strategia per ostacolare le forze di sinistra; Togliatti ne coglie il segnale con il discorso di Salerno ed il necessario aperturismo senza il quale la sinistra non avrebbe avuto futuro politico. Così viene beffeggiato Pajetta con la sua “ conquista” della Prefettura di Milano mentre quasi contemporaneamente in Sicilia si passa alle armi. Gli episodi cruciali della vicenda di Portella sono in buona sostanza la comparsa di Giuliano quale braccio armato della politica e la sua successiva morte nel cortile di casa Di Maria ad opera di Pisciotta, anziché delle forze dell’ordine.
Nell'ottobre del 1951 Giuseppe Montalbano, ex sottosegretario, deputato regionale e dirigente comunista, presentava alla Procura di Palermo una denuncia contro i monarchici Gianfranco Alliata,principe di Montereale, Tommaso Leone Marchesano e Giacomo Cusumano Geloso come mandanti della strage e contro l'ispettore Messana come correo. L’esposto viene rapidamente archiviato. I nomi dei mandanti verranno poi fatti nelle audizioni della Commissione parlamentare antimafia che inizia nel 1963. Nel novembre del 1969 il figlio dell'appena defunto deputato Antonio Ramirez, deputato repubblicano, consegna a Giuseppe Montalbano una lettera riservata del padre, datata 9 dicembre 1951. Nella lettera si afferma che l'esponente monarchico Leone Marchesano, dopo intense trattative condotte dai monarchici Alliata e Cusumano Geloso, aveva dato mandato a Giuliano di sparare a Portella, ma solo a scopo intimidatorio, (Santino 1997, p. 207). Montalbano presenta il documento alla Commissione antimafia nel marzo del 1970, e nel febbraio del 1972 la Commissione approverà all'unanimità una relazione sui rapporti tra mafia e banditismo, accompagnata da 25 allegati, ma con molti atti secretati. La relazione a proposito della strage scriveva: "Le ragioni per le quali Giuliano ordinò la strage di Portella della Ginestra rimarranno a lungo, forse per sempre, avvolte nel mistero. Attribuire la responsabilità diretta o morale a questo o a quel partito, a questa o quella personalità politica non è assolutamente possibile allo stato degli atti e dopo un'indagine lunga e approfondita come quella condotta dalla Commissione. Le personalità monarchiche e democristiane chiamate in causa direttamente dai banditi risultano estranee ai fatti". Il relatore, il senatore Marzio Bernardinetti, addebitava i risultati deludenti alla mancata o scarsa collaborazione delle autorità: "Il lavoro, cui il comitato di indagine sui rapporti fra mafia e banditismo si è sobbarcato in così difficili condizioni, avrebbe approdato a ben altri risultati di certezza e di giudizio se tutte le autorità, che assolsero allora a quelli che ritennero essere i propri compiti, avessero fornito documentate informazioni e giustificazioni del proprio comportamento nonché un responsabile contributo all'approfondimento delle cause che resero così lungo e travagliato il fenomeno del banditismo" (in Testo integrale…1973). Nel 1977, il Centro siciliano di documentazione organizza un convegno nazionale dal titolo "Portella della Ginestra: una strage per il centrismo" in cui si ricostruisce il quadro in cui è maturata la strage, considerata non come il prodotto di un disorientamento e di un vuoto politico (come sosteneva anche la storiografia di sinistra: Francesco Renda considerava l'uso della violenza come "ripugnante delinquenza comune" e un "errore grossolano" che avrebbe portato all'isolamento dei proprietari terrieri: Renda 1976, p. 23) ma come "un atto di lucida, e ragionata, violenza volto a condizionare il quadro politico, regionale e nazionale" purtroppo coronato da successo (Centro siciliano di documentazione 1977; Santino 1997, pp. 8, 60).
Questa è la Sicilia, ma è anche un laboratorio politico che spesso anticipa evoluzioni nazionali.
Letture Consigliate e Fonti Consultate
Baroni Paola - Benvenuti Paolo, Segreti di Stato. Dai documenti al film, Fandango, Roma 2003. Barrese Orazio - D'Agostino Giacinta, La guerra dei sette anni. Dossier sul bandito Giuliano, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997. Casarrubea Giuseppe, Portella della Ginestra. Microstoria di una strage di Stato, F. Angeli, Milano 1997; Fra' Diavolo e il Governo nero. "Doppio Stato" e stragi nella Sicilia del dopoguerra, F. Angeli, Milano 1998; Salvatore Giuliano. Morte di un capobanda e dei suoi luogotenenti, F. Angeli, Milano 2001. Centro siciliano di documentazione, 1947-1977. Portella della Ginestra: una strage per il centrismo, Cooperativa editoriale Cento fiori, Palermo 1977. Una parte degli Atti del convegno fu pubblicata nel fascicolo Ricomposizione del blocco dominante, lotte contadine e politica delle sinistre in Sicilia (1943-1947), Cento fiori, Palermo 1977. Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia, Pubblicazione degli atti riferibili alla strage di Portella della Ginestra, Roma 1998-99, Doc. XXIII, nn. 6, 22, 24. Faenza Roberto - Fini Marco, Gli americani in Italia, Feltrinelli, Milano 1976. Galluzzo Lucio, Meglio morto. Storia di Salvatore Giuliano, Flaccovio, Palermo 1985 La Bella Angelo - Mecarolo Rosa, Portella della Ginestra. La strage che ha insanguinato la storia d'Italia, Teti Editore, Milano 2003. Magrì Enzo, Salvatore Giuliano, Mondadori, Milano 1987. Manali Pietro (a cura di), Portella della Ginestra 50 anni dopo (1947-1997), S. Sciascia editore, Caltanissetta-Roma 1999, con 2 volumi di Documenti, a cura di G. Casarrubea. Renda Francesco, Il movimento contadino in Sicilia e la fine del blocco agrario nel Mezzogiorno,De Donato, Bari 1976; Salvatore Giuliano. Una biografia storica, Sellerio, Palermo 2002. Sansone Vincenzo - Ingrascì Giuseppe, 6 anni di banditismo in Sicilia, Le edizioni sociali, Milano 1950. Santino Umberto, La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997; La strage di Portella, la democrazia bloccata e il doppio Stato, in P. Manali (a cura di), op. cit., pp. 347-375; Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all'impegno civile, Editori Riuniti, Roma 2000. Testo integrale della relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia, vol. II, Cooperativa Scrittori, Roma 1973, Relazione sui rapporti tra mafia e banditismo in Sicilia, pp. 983-1031. Tranfaglia Nicola, Come nasce la Repubblica. La mafia, il Vaticano e il neofascismo nei documenti americani e italiani. 1943-1947, Bompiani, Milano 2004. Vasile Vincenzo, Salvatore Giuliano, bandito a stelle e a strisce, Baldini Castoldi Delai, Milano 2004; Turiddu Giuliano, il bandito che sapeva troppo, con un saggio di Aldo Giannuli, l'Unità, Roma 2005.