LA SCLEROSI MULTIPLA E' ANCORA CONSIDERATA MALATTIA RARA

 

La sclerosi multipla (SM), o sclerosi a placche, colpisce circa tre milioni di persone nel mondo, mezzo milione in Europa e più di 50.000 in Italia. I suoi dati epidemiologici essenziali sono:

  • 1 ogni 1.100 abitanti
  • 1.800 nuovi casi ogni anno
  • 1 diagnosi ogni 4 ore
  • Tra i 15 e i 50 anni l’esordio
  • Tra i 20 e i 30 anni la maggiore incidenza
  • Donne colpite con un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini.

È una malattia infiammatoria cronica demielinizzante che colpisce il Sistema nervoso centrale, cervello e midollo spinale. La grande variabilità dei sintomi che la caratterizzano è conseguenza di un processo di degenerazione della mielina, da qui il termine demielinizzante. La mielina costituisce il materiale che riveste i nostri nervi, permettendo la trasmissione rapida ed integra degli impulsi nervosi. Nel corso della malattia la distruzione delle guaine mieliniche causa il blocco o rallentamento degli impulsi che vanno dal sistema nervoso centrale verso le diverse parti del corpo e viceversa. Le aree in cui la mielina è stata danneggiata vengono anche dette placche. Da qui l'altro nome della malattia, "sclerosi a placche". Se in uno stato di normalità le informazioni nei nervi sono trasmesse a 100m/s, in un individuo affetto dalla sclerosi multipla la velocità scende gradualmente a 5m/s.

Tra i disturbi neurologici è il più diffuso tra i giovani adulti e la principale causa neurologica di disabilità. La malattia si presenta primariamente in età compresa tra i 14 e i 40 anni, con un picco verso i 30 anni. È invece poco frequente sopra i 50 anni. Colpisce le donne con una frequenza di 2,5:1 rispetto agli uomini. La malattia assume dunque un aspetto evolutivo e progressivamente invalidante. Nonostante i molti passi avanti fatti dalla ricerca scientifica, la causa e la terapia definitiva della SM sono ancora sconosciute. Quindi ciò ci impone di essere aperti ad ogni possibilità, da qualunque laboratorio venga.

L’ipotesi oggi dominante è che esista una predisposizione genetica a sviluppare la malattia, predisposizione con la quale interagiscono fattori esterni, forse virali, che scatenano l'esordio della malattia. In Italia 54.000 persone sono colpite da SM, uno ogni 1.100 abitanti. L'incidenza è inferiore a 1/100.000 nelle aree equatoriali, varia da 6 a 14/100.000 nel sud degli Stati Uniti e nell'Europa meridionale e da 30 a 80/100.000 in Canada, nell'Europa settentrionale e nel nord degli Stati Uniti. Ciò ha messo in evidenza l'esistenza di qualche fattore ambientale, ancora sconosciuto, che contribuirebbe all'insorgenza della sclerosi multipla indipendentemente dalla razza, con maggiore prevalenza nelle aree nord del pianeta. Numerosi studi hanno evidenziato che persone che migrano da una zona ad alto rischio ad una a basso rischio portano con sé, almeno in parte, il rischio correlato al loro luogo di origine. Ciò avviene nel caso in cui il paziente in questione emigri dopo i primi quindici anni di vita. Prima di questo lasso di tempo, infatti, si tende ad assumere il rischio presente nella zona verso cui si emigra.

Attualmente si ritiene che possano esistere fattori ereditari, in seguito alla scoperta che alcuni antigeni di istocompatibilità (HLA) sono più frequenti nei pazienti affetti da sclerosi multipla rispetto ai soggetti di controllo; questa ipotesi tuttavia non spiegherebbe perché emigrando da una zona a bassa incidenza verso una ad alta incidenza, si tende ad assumere lo stesso rischio dell'area di arrivo, prescindendo dai caratteri genetici della popolazione da cui si proviene. Ad ogni modo la componente ereditaria della malattia è evidente visto che il rischio di ammalarsi risulta maggiore nei parenti stretti di persone affette da sclerosi multipla.

Altre ipotesi, meno accreditate, ritengono il vaccino contro l'epatite B (una sostanza a base di alluminio) una possibile causa dell'insorgenza della malattia. Il fatto che la sclerosi multipla insorga in zone dai consumi uguali (occidentali) e sia invece sconosciuta nei Paesi vicini all'equatore, confermerebbe il collegamento con i consumi. L'alluminio, iniziato a produrre industrialmente nel 1902, potrebbe avere una relazione con le proporzioni epidemiologiche che la sclerosi multipla ha avuto nel ventesimo secolo. Importante sembra anche il ruolo dei metalli pesanti, specie quelli adoperati in odontoiatria, tanto che molti pazienti devono ricorrere ad una bonifica del cavb orale per migliorare la qualità della vita sotto il profilo neuromotorio.

La genesi

I dati epidemiologici in nostro possesso, che suggeriscono un gradiente nord-sud dell'incidenza di questa patologia, indicano che la sclerosi multipla è correlata con un fattore ambientale con il quale si viene a contatto nell'infanzia e che, dopo anni di latenza, o determina l'insorgenza dell'affezione o contribuisce alla sua genesi. L'ipotesi del gradiente è oggi assai criticata visto, ad esempio, che la popolazione sarda ha tra le incidenze più alte in Europa nonostante si collochi al Sud.

Negli ultimi anni, uno studioso, John F. Kurtzke, ha analizzato l'incidenza della SM nelle Isole Faroer. Queste isole, situate a nord della Scozia, quindi in una zona geograficamente ad alta incidenza di SM, annesse al Regno Unito dal 1940, non avevano riportati praticamente casi fino al 1943. Successivamente si verificarono diverse ondate di Sclerosi Multipla, negli anni '50, negli anni '60 e negli anni '80, come si osserva nelle epidemie, tanto che questo studioso ha posto il problema che questi casi di Sclerosi Multipla avessero un'eziologia infettiva. Questo studio ha posto le basi per una serie di lavori successivi volti ad identificare un agente eziologico che potesse causare, o per meglio dire favorire l'insorgenza della malattia. Al momento, però, nessuno degli agenti virali studiati pare abbia un reale ruolo nella eziopatogenesi della SM. Altri studiosi hanno visto un vizio nel lavoro svolto da Kurtzke, tanto da parlare di epidemia da accertamento: solo in presenza del neurologo era possibile effettuare diagnosi di SM, che pertanto determinano picchi di insorgenza in concomitanza della presenza del neurologo in queste isole remote.

In che modo, un agente esogeno (ambientale o infettivo che sia), agisce sull'organismo fino a causare la degenerazione mielinica come si osserva nei casi di SM? L'opinione comune è che vi siano delle persone particolarmente sensibili i cui organismi hanno una predisposizione a rispondere in maniera inadeguata a certi stimoli esterni (fattori scatenanti) che in persone non predisposte altrimenti sarebbero innocui. E' nota la correlazione (così come in tante altre patologie) fra Sclerosi Multipla e geni del sistema di istocompatibilità: il Sistema di istocompatibilità (HLA) consiste in un gruppo di geni altamente riarrangiati e posti a livello del braccio corto del cromosoma 6, i quali codificano per le proteine antigeni cellulari propri di ogni organismo. Ogni organismo, a sua volta, è "istruito" a riconoscere gli antigeni prodotti dalle cellule proprie come "self", e allo stesso tempo a riconoscere le cellule che presentano antigeni diversi come "non self". Il sistema HLA media, di conseguenza, la risposta nei confronti anche di cellule proprie dell'organismo le quali abbiano modificato il proprio corredo antigenico a causa, ad esempio, di un'infezione virale oppure di una trasformazione neoplastica. La Sclerosi Multipla è correlata, in molte zone del pianeta, all'allele HLA-DR2. Nella popolazione Caucasica, gli individui con tale aplotipo, presentano un rischio 3-4 volte superiore di sviluppare SM rispetto ai controlli. In Sardegna, regione particolarmente studiata in quanto con un'incidenza di casi di Sclerosi Multipla tra le più alte al mondo, vi è un'associazione con gli alleli HLA-DR3 e -DR4.

Consideriamo che durante la fase di maturazione linfocitaria in cui si instaura la "tolleranza al self", i processi di delezione clonale attuati per creare un repertorio tale da non attaccare antigeni propri non elimineranno tutti i cloni linfocitari T autoreattivi, che però, una volta sfuggiti alla tolleranza centrale, saranno soggetti a meccanismi di tolleranza periferica. E' un processo fisiologico che avviene di continuo, e i linfociti autoreattivi subiscono svariati processi di "contenimento", tra cui l'induzione di anergia per contatto con il proprio antigene in assenza del segnale costimolatorio. Se questa tolleranza viene persa, i linfociti autoreattivi verranno attivati e resi in grado di attaccare strutture proprie, innescando il processo autoimmune.

Ecco dunque in breve la possibilità che anche la biomodulina possa giocare un ruolo nel trattamento di questa forma morbosa, se non migliorandola, arrestandone le conseguenze negative, le forme di in validità e soprattutto apportando una migliore qualità della vita.

ASPETTI SOCIO-SANITARI

Il reinserimento di questi pazienti, ancor giovani, nella società è il nostro grande problema. Unitamente ai costi della malattia, attualmente non facilmente codificabili ma all’incirca sui 500-600 milioni di euro/anno, sono i costi di recupero che ci rendono assai preoccupati. L’assenza di strutture riabilitative e la loro diffusione nel territorio ci induce a lavorare tutti insieme per questo.

C’è un altro aspetto inquietante: innanzitutto la patologia è una forma specialistica, non da tutti trattata, e quindi il malato si sente più sicuro nei Centri Specializzati e di Riferimento e nelle grandi Aziende. Ciò comporta una centralizzazione del rapporto medico-paziente e non una sua periferizzazione. Sarebbe auspicabile che ogni capoluogo di provincia avesse un Centro di riferimento convenzionato con strutture riabilitative pubbliche che rendano più accessibile e capillare l’offerta di salute.

Ma il tutto si inserisce nel più vasto capitolo della sanità pubblica. Riversare su di essa solo l’8% del PIL nazionale, mentre è ben più alto il riversamento regionale fino all’86% della Lombardia ed il 76% della Sicilia, non sana alcune problematiche sul piano organizzativo e soprattutto sul piano della ricerca che, come noto, è ridotta al lumicino dello 0,8 del PIL. E’ vero che questa problematica può apparire ai più di nicchia poiché colpisce “solo” 54 mila soggetti in Italia. Ma sono colpite 54 mila famiglia perché su di esse si riversano i maggiori problemi logistici quotidiani ed organizzativi.

La sanità italiana deve dimenticare i numeri o dimenticare di contabilizzare solo per grandi masse: anche 54 mila famiglia devono essere ascoltate nel loro grido di dolore quotidiano. Cure costose, viaggi della speranza, ricorso alla medicina specialistica privata impongono che lo stato proceda ad processo di assistenza più capillare e più mirato perché i nostri malati, i nostri ragazzi colpiti da questa malattia si sentano protetti da una società più giusta.